domenica 21 novembre 2010

che senso ha?

Quante volte abbiamo detto ad alta voce: <<ma che senso ha?>>- magari con tono stizzito, gesticolando con le mani e gli occhi un po’ strabuzzanti-, indirizzando questa domanda verso chi, a nostro giudizio, è autore di comportamenti che poco hanno a che fare con la ragione?

Certamente, se poniamo la domanda “che senso ha?" e la esplicitiamo a chi ci sta intorno, qualche motivo c’è: può darsi che l’interrogativo sia posto a noi stessi, cercando una qualche risposta; può anche darsi –invece- che lo riteniamo una specie di sfida per far ammettere “dall’altra parte della barricata” che un determinato comportamento effettivamente: <<di senso non ne ha>>.

Se, però, chiedere che senso abbia una determinata cosa è formulato con vera motivazione a capire, le prospettive cambiano (puntualizzo: temo che se ciò avviene per quest’ultima ragione, è già di per sé una grande conquista, dato che la capacità di fare domande -con l’intenzione di comprendere realmente chi abbiamo intorno- è faccenda dispendiosa, in quanto pone eventuali possibilità di cambiamento, quindi di fatica); sempre che tutto ciò non abbia il valore di uno slogan vuoto -perché sennò si pone “la domanda” tirando poi dritti verso una risposta preconfezionata-, dove spesso viene spontaneo riporre ciò che non è familiare a noi stessi.

Chiedere genuinamente– e non retoricamente - il senso è forse uno dei primi passi per aprirsi verso il mondo dell’altro. Sostenere l’interrogativo aiuta a comprendere e può donare scenari arricchenti, posto che in qualunque caso  -sia che l’oggetto possa essere ben definito o mal definito, sia che la persona possa essere ben disposta o mal disposta nell’azione che compie– il comportamento ha un senso (latente o esplicitato che sia), ma non sempre è del tutto chiaro a chi lo compie.

Ma perché indagare il “senso”? O…. perché no?


martedì 16 novembre 2010

Grazie!

Cari amici,
Vi ringrazio tanto delle visite al blog in questa prima settimana! Grazie anche a tutti coloro che mi hanno scritto sulla email. 
Quando volete -se, e quando volete- possiamo condividere anche qui le nostre riflessioni, più si è….
A presto
Davide

venerdì 12 novembre 2010

...Le domande giuste...

Perché la filosofia può aiutare a creare consapevolezza sulle cose?
Un aneddoto, narrato da Watzlawick nel suo libro “Istruzioni per rendersi infelici” (Feltrinelli), può essere efficace per descrivere un atteggiamento tipico nella vita quotidiana.
La storia è questa: “E’ sera. Un uomo ubriaco arriva a davanti a casa e si accorge di avere perduto le chiavi. Allora si mette sotto il lampione, sul selciato, e inizia a cercare. Dopo un po’ di tempo, un vigile chiede a quel signore cosa stia facendo. L’uomo, alticcio e sdraiato a terra, spiega che sta cercando le chiavi di casa e chiede a sua volta di aiutarlo. Dopo una  buona mezz’ora di inutile ricerca, il vigile si ferma e chiede all’ubriaco: <<Ma è sicuro di averle perse qua?>>, dato che entrambi hanno passato a setaccio quel tratto di strada sotto il lampione, e non hanno trovato nulla.
A queste parole,  l’ubriaco risponde:  <<In realtà le chiavi le ho perse là>>, indicando qualche metro più lontano dal punto in cui stavano cercando, in una zona non illuminata, aggiungendo: <<però là è buio, preferisco cercare qua… perché c’è la luce!>>.

E in effetti, spesso è così che funziona:  cerchiamo le cose (e i concetti) là dove è più comodo, ma allo stesso tempo dove non è probabile che esse siano.
A volte occorre mettersi a rovistare nelle zone più buie, dove non siamo mai stati, dove non è comodo cercare, ma dove è possibile trovare risposte adeguate  alle nostre ricerche.

La pratica filosofica può essere interpretata come un’azione dedita a sondare criticamente gli eventi –interni ed esterni- che avvengono nella vita di un individuo. Può esserci utile per scoprire gli errori logici che abbiamo commesso nel porre alcune questioni. Quante volte scopriamo di aver dato per scontato qualche cosa, che poi così scontato non si è rivelato?
La criticità della filosofia può essere una strada stimolante per passare al setaccio i nostri vissuti e darne una ponderata collocazione.
A volte è sufficiente avere il coraggio di farsi delle domande che ci spingano a guardare le cose più a fondo e a “superare” quello che in un primo momento era sembrato esauriente e corretto. Spunti e stimoli “altri” ci rendono capaci di volgere lo sguardo in una direzione nuova, per intravedere inaspettate prospettive.
Il contatto con l’alterità ci mette costantemente in discussione, a volte però può creare delle distorsioni: per esempio, quando percepiamo ciò che non siamo, come un qualcosa che non può (e non deve, per una sotterranea  presa di distanza dal mondo) essere “vivente” come noi; ancora, quando la diversità o la tentazione di semplificare ciò che non possiamo comprendere può indurci a credere che il mondo sia a una sola –e solo nostra- dimensione.

La filosofia portata nel quotidiano, nella vita di ogni giorno, ci invita alla ricerca come soggetti che sono nel mondo con stupore, pronti a lasciarsi interrogare da  ciò che l’esistenza va incontrando sul suo cammino.



domenica 7 novembre 2010

...ritratti di...

Questo blog si propone di essere uno spazio per conoscersi, scoprire insieme punti di vista e condividere opinioni: tutto questo, attraverso il confronto dialogico.

Mi chiamo Davide e porto con me (ed in me) la passione per la filosofia: passione che non posso descrivere in  due parole, ma che sarà l'oggetto -concreto- da cui partirò per proporvi personali riflessioni.  Allo stesso modo sono alla ricerca  di idee e spunti che provengano da altri.Di qui nasce il progetto del blog.

Credo che la filosofia debba avere una forte declinazione pratica, che debba essere presente nella nostra vita quotidiana e stimolarci a renderci  sempre più coscienti di ciò che siamo, facciamo e diciamo. Solo attraverso la costante ricerca di se stessi, penso sia possibile crescere come individui: non sostando su ciò che eravamo, ma ripensandoci giorno per giorno come persone in divenire.
Questo spazio l'ho chiamato "ritratti filosofici", perché vorrei che chiunque avesse voglia di intervenire, possa“ritrarsi” (sia nel senso di “dipingersi” che di "ritirarsi" nella propria tensione alla conoscenza), prendendo un po’ di tempo per se stesso e per raccontare –nel rispetto dei pensieri di tutti- le proprie opinioni.

Per finire, devo precisare che penso alla filosofia come ad una ricerca aperta a tutti: sia a coloro che vivono la filosofia come professione sia a quelli che ad essa non si sono mai accostati. Non credo che riconoscere di "avere una propria filosofia di vita" basti per dirsi filosofi o studiosi della materia, ma sostengo che il porsi con  curiosità e desiderio di sapere possa  ingenerare quel atteggiamento “filosofico” capace di  donare uno sguardo nuovo sulle cose.

Se volete, condividiamo insieme la passione per riflettere su ciò che ci circonda e su ciò che portiamo dentro.

Grazie della visita, a presto!

Davide Marino