sabato 12 febbraio 2011

Non sento cosa dici...

Scrisse il filosofo americano Emerson: "Ciò che sei grida così forte che non sento ciò che mi stai dicendo".
L'esempio passa coi fatti, non solo dalle parole, entra nello spazio di chi osserva formando -così- impressioni riguardo le cose del mondo.
Ma ognuno di noi cosa “grida”? E cosa -invece- va “solo dicendo” ?

7 commenti:

  1. E chi lo sa!!!!!!!!!
    E' ciò che sei che grida così forte o ciò che dimostri di essere; comunicazione non verbale attraverso il corpo o attraverso ciò che vuoi far vedere?!
    Un occhio attento può forse vedere ciò che sei attraverso ciò che fai?
    Mah!
    Se si parla di comunicazione verbale ognuno di noi va dicendo quello che gli pare, vero o no.

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  2. Gentile,
    grazie degli spunti.
    Mi chiedo: per quanto tempo una persona può "provare a dimostrare" di essere "qualcun'altro", prima di smascherarsi per ciò che è?
    La comunicazione verbale è così efficace da poter dare la possibilità di dire "dire dire.." all'infinito senza che la persona si riveli?
    Ma è veramente così potente? ...D'altro canto, è la comunicazione non verbale a "gridare" più forte oppure, nonostante la potenza di questo mezzo (pare che sia di gran lunga il mezzo più efficace), è la connessione dei vari canali comunicativi, consapevoli e non, a dare -in sintesi- ciò che siamo?

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  3. Oggi come oggi secondo me è la comunicazione verbale a GRIDARE più forte. Ciò che vogliamo far apparire.
    Prova a pensare a quante energie si sprecano per dare un messaggio forte su ciò che si vuol far apparire, guardiamo solamente il grande fratello e tutti gli altri reality.
    Oggi non siamo più capaci di leggere tra le righe o di guardare in fondo agli occhi; si fa molto meno fatica a guardare ciò che è superficiale.

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  4. Non si può "capire" gli altri, se prima non abbiamo iniziato a capire noi stessi; quello che ci sembrerà di capire, rischia di essere solo "una proiezioni" dei nostri condizionamenti

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  5. Gentile Moreno,
    ma come si può iniziare a conoscere se stessi?
    Inoltre, non è che le proiezioni -a volte- possono essere un modo di "iniziare"(solo un inizio, naturalmente) a percepire ciò che è altro da noi?

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  6. Ciao Davide,
    tu sai meglio di chiunque altro come si può iniziare a conoscere se stessi; ma guardarsi dentro da soli è difficile se non impossibile, può fare molta paura e le nostre difese rischiano di farci uscire di strada.
    E' molto più facile vedere (non giudicare) gli altri e comprendere (capire è una parola grossa).
    Guardare in noi stessi è come guardare una bottiglia col messaggio in mezzo al mare. Troppe onde, venti, correnti, pesci, ecc., ecc., ecc. ci permettono di vedere la bottiglia ma non il messaggio. Possiamo avvicinarci e allungare la mano, tentare di aprire il tappo, ma il cuore ci scoppia nel petto dall'emozione e dalla paura di sapere magari ciò che non vorremmo mai sapere anche se la curiosità è tanta.
    E allora forse è meglio ributtarla in mare e lasciarla cullare dalle onde ignare del suo contenuto.

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  7. Gentile,
    ti ringrazio delle parole che hai speso in questo spazio. Mi piace molto l'immagine della bottiglia che, restando a galla tra le onde, rimane spesso in balìa della...scelta: scelta di afferrare -di com-prendere -o lasciar andare. Potremmo vedere la bottiglia come la conoscenza? Come una conoscenza che porta cosa? Perchè dovrebbe darci dolore o sollievo? Perchè dovrebbe "darci" qualcosa?...Pavese scriveva:"Quacuno ci ha promesso qualcosa?E allora, cosa stiamo aspettando?"
    L'immagine che accosti, della mano che si allunga per tentare di afferrare l'ignoto, mi fa venire a mente quanto potrebbe essere affascinante, emozionante e magico quel momento (ma è solo una mia interpretazione). Proprio per questo mi chiedo quanto potrebbe essere grande lo scoprire un qualcosa che "avevamo in noi" e che, forse, non c'eravamo accorti di possedere. Borges,da qualche parte diceva qualcosa del genere: "dovremmo non guardare il nuovo mondo con occhi vecchi ma il vecchio con occhi nuovi!".
    La conoscenza di sè è un qualcosa che determina come si vede -poi- il mondo esterno? Personalemente penso di si...
    Mi piace pensare "non tanto" alla conoscenza di sè, come ricerca di una verità ultima, ma quanto sarebbe affascinante scoprire come "seguire se stessi".
    Grazie, ciao.

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